La Parola ogni giorno: 13 Maggio
Mercoledì della quinta settimana di Pasqua
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni (Gv 12, 20-28)
In quel tempo. Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
Commento
“Vogliamo vedere Gesù”: è il desiderio, che matura nel cuore di quel gruppo di greci che si trovano a Gerusalemme per la festa della Pasqua.
La risposta di Gesù non sembra adeguata alla loro domanda: quanto Egli dice circa la sua morte e il frutto che essa porterà, è la risposta alla possibilità per tutti di godere della salvezza e di vivere la fede, e dunque di poterlo vedere.
È arrivata la sua ora dice Gesù: questo significa che Egli ha piena coscienza della sua tragica morte, ma anche che essa coincide con la sua glorificazione.
Glorificare, cioè dare la massima importanza al Figlio dell’uomo, al Figlio di Dio e anche al Padre.
E come è possibile questo? Gesù ce lo dice attraverso una similitudine: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Qui il Figlio dell’uomo è chiamato a morire, a dare la vita per dare il frutto che il Padre si aspetta. Quel frutto per il quale il Padre lo ha inviato.
E continua: Se uno mi vuol servire mi segua, come a dire se uno vuole mettersi a mia disposizione deve seguirmi, fare quello che faccio io, camminare con me, seguire le mie orme, seguire il mio stile di vita che è abbandonare me stesso, dare la vita per gli altri.
Tutto ciò ci porta ad uscire dalla logica umana che è quella dell’egoismo, vuol dire non pensare a se stessi, a salvare la propria vita. Vuol dire donarsi agli altri, donarsi totalmente e gratuitamente agli altri.
Se uno mi vuol servire mi deve seguire su questa via. Se uno vuole stare con me per realizzare questo regno meraviglioso a cui siamo chiamati a partecipare mi deve seguire, deve compiere lo stesso cammino che compio io. Deve mettersi sulla via che percorro e percorrerò, che è la via dell’amore, e della croce. Non ce ne sono altre.
Umanamente non è piacevole, come non lo è stato nemmeno per Gesù. Lui stesso, come uomo, ha paura di percorrere questa strada, di arrivare in fondo, ha paura di perdere la propria vita. Ma è venuto perché Dio diventi importantissimo, per insegnarci a mettere Dio al primo posto. E per fare ciò Gesù deve realizzare, mettere in pratica, tutto ciò che ha insegnato salendo la via della croce. Quindi chi lo vuole servire lo deve seguire, deve salire con Lui sulla croce. Perché è dalla croce, dalla morte che si passa alla vita che si arriva alla resurrezione.
Oggi, mentre celebriamo la memoria liturgica della Madonna di Fatima, chiediamo a Maria di aiutarci a metterci a servizio di Gesù, di seguirlo per servirlo, come Lui ha servito noi, facendoci dono come Lui si è fatto dono per noi gratuitamente.