L’Arcivescovo Mario Delpini propone il giornalismo “Made in Italy”

Nella mattinata di sabato 26 gennaio si è tenuto presso la Sala Barozzi dell’Istituto dei Ciechi di Milano l’annuale incontro, in occasione della Festa di San Francesco di Sales, con l’Arcivescovo Mario Delpini e i giornalisti e comunicatori della Diocesi.

Don Walter Magni, nuovo portavoce dell’Arcivescovo e responsabile dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi, al suo primo impatto coi giornalisti e coi comunicatori, introduce l’incontro organizzato dall’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali in collaborazione con Ucsi Lombardia sul tema “Il futuro dell’informazione, i giornalisti di domani”.

Il prezioso intervento di Alessandro Galimberti, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia: “700 milioni di falsi profili Facebook, notizia di ieri, vuol dire che serviranno a qualcosa quei profili, per esempio a fare il business delle fake news, a fare il business dell’odio e dell’aggressività in rete, perché fa click, perché fa numero. In un momento di crisi e disvalore il nostro lavoro è ancora più importante. Noi fotografi dell’attimo, capaci di vedere una tessera del mosaico ma di fermarci li”. Poi cita Mario Francese, giornalista siciliano, morto 40 anni fa il 26 gennaio 1979 ucciso perché ha detto ciò che non doveva dire. Uomo mite, perbene, che girava per le campagne a parlare coi contadini per mettere insieme dati connessi e sviluppare un discorso logico. “Oggi manca il senso del racconto che serve per spegnere le fake news. Il giornalismo non è militanza. È necessario uscire dagli schieramenti, da un erroneo concetto di militanza che al giornalismo non può appartenere: il giornalista è un portatore di valori - etici, deontologici, anche religiosi per chi li possiede -  ed è solo un testimone libero da ideologie e, soprattutto, da linguaggi e comportamenti da cui abbiamo il dovere di prendere ogni giorno le distanze, da qualunque parte provengano”.

Modera l’incontro Alessandro Zaccuri di “Avvenire”. Gli interventi sono affidati a Claudio Lindner vicedirettore del Master in giornalismo “Walter Tobagi” all’Università degli Studi di Milano, a Marco Lombardi, direttore della Scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica di Milano e a Ugo Savoia, coordinatore didattico del Master in Giornalismo alla IULM, a Fausto Colombo, direttore del Dipartimento di Scienze della comunicazione e dello spettacolo dell’Università Cattolica di Milano.

L’Arcivescovo dialoga con sei studenti aspiranti giornalisti e risponde alle loro domande.

Elena, studente all’Università Cattolica riflette sulla competenza giornalistica.

Davide, sempre della “Cattolica”, si interroga sulla responsabilità di un giornalismo di pace.

Giorgia della “Walter Tobagi” torna sul nodo dei Social.

Enrica studente alla IULM ripercorrendo alcune inchieste realizzate con la sua Scuola e la passione che condivide con i giovani colleghi, chiede come fare sempre meglio.

Lucio della “Walter Tobagi” chiede come convincere le persone a seguire la “giusta informazione”.

Beatrice della IULM domanda come si possano sostenere i ragazzi che non hanno i mezzi per frequentare Scuole prestigiose.

Durante il dialogo con i sei giovani aspiranti giornalisti arriva l’invito dell’Arcivescovo di Milano a prodigarsi per un giornalismo capace di promuovere e comunicare il bene, del fare rete intesa come creare relazioni, con competenza e chiedendosi a chi è rivolta l’informazione, rimboccarsi le maniche e andare “sul campo” con entusiasmo, consapevolezza, umiltà, riconoscendo i propri limiti e magari con un nuovo modello “Made in Italy”: «Ma il “Made in Italy” del giornalismo non si potrebbe inventarlo? A sentirvi parlare, a sentire la passione che ci mettete, a sentire l’intelligenza che trasmettete, forse qualcosa di made in Italy si può fare anche per il giornalismo. Così come il nostro Paese è conosciuto in tutto il mondo per le sue eccellenze, lo potrebbe essere anche per il giornalismo. Perché non inventare un giornalismo che abbia un marchio di prestigio, il “Made in Italy”? Date vita a un giornalismo “Made in Italy”, a una via italiana al giornalismo di qualità. Così come, nel mondo, il Made in Italy è conosciuto per la moda, i mobili, i formaggi o per la Ferrari, come accade per tante eccellenze che qualificano il nostro Paese in tutto il mondo. Siete giovani, bravi, intelligenti, preparati bene: cercate di cambiare questo mondo»

Certo però, come commentava un anziano giornalista freelance seduto al mio fianco: “Ci vuole coraggio!”

Daniela Invernizzi

Martino Benedetto