“Quale gioia quando mi dissero…”

Sono passati oramai 25 anni da quel 10 ottobre 1994 quando in quel di Brescia ho pronunciato per la prima volta i miei voti di vivere casta, povera e obbediente nella famiglia delle suore missionarie comboniane. Insieme con me c’erano non solo le mie nove compagne di noviziato, ma anche la mia storia nata e cresciuta nella verde Brianza, nella vita quotidiana dell’Oratorio e della Parrocchia di Sirone. Così oggi vi voglio scrivere per ringraziare Dio di questa avventura, fatta di anni di studio a Graz (Austria) e di tanti anni vissuti in Etiopia, luogo dell’esperienza di Dio, luogo della condivisione della fede, luogo d’incontro. Ho speso 17 anni al pozzo di Giacobbe, che per me è stata l’Etiopia, Samaritana non di origine, forse, ma di adozione e scelta, straniera che si è lasciata toccare dall’incontro con un Gesù assetato ma capace di trasformare la mia sete.

La mia chiamata è nata da questa richiesta semplice “dammi da bere”. La richiesta che ha smosso la mia quotidianità di cattolica praticante, impegnata e mi ha messo alla ricerca di coloro che avevano sete, sete di giustizia, sete di accoglienza. E così ho conosciuto la famiglia comboniana, ho conosciuto la passione di San Daniele Comboni, uomo dal cuore grande e indiviso che ha parlato al mio, che mi ha fatto andare oltre i confini della mia patria e mi ha aperto lo sguardo sul mondo delle ingiustizie, delle schiavitù, degli sfruttamenti, e, soprattutto, un mondo che ha sete di Dio. “Come vorrei avere cento vite…” diceva… e allora mi sono unita a queste vite da condividere, spezzare, perché tutti abbiano vita e vita in abbondanza.

MA… e questo è un MA grande… il Signore mi ha concesso di più! Scoprire la mia sete per condividere con gli altri l’acqua che tutti riceviamo… “Se conoscessi il dono di Dio… “ e Dio mi ha riempito dei suoi doni, mi ha fatto incontrare persone, situazioni, storie che mi hanno dissetato e che ho aiutato a dissetare.

Andare oltre i confini è compito di ogni cristiano e i miei confini sono stati anche geografici. Non per un’esperienza, una “scappatella”, ma come missione, come invio, come chiamata in un luogo e in una terra che è straniera ma accogliente, che è altro, ma diventa piano piano anche tua.

E l’Etiopia eccola divenire luogo di benedizione negli anni di servizio alla chiesa locale giovane, piccola, desiderosa di crescere. E anni di servizio ai giovani che si preparavano alla vita religiosa e al sacerdozio attraverso l’insegnamento. E poi altri giovani, quelli della scuola superiore di Hawassa, nel sud dell’Etiopia, con un unico desiderio: imparare per mettere a servizio della propria famiglia, del proprio paese. Non importa chi e a quale Dio appartieni, o a quale chiesa, ma al desiderio, al sogno, all’impegno di divenire ogni giorno persone migliori.

E poi l’Etiopia cristiana ortodossa, fedele continuatrice dell’Eunuco di Candace che legge la parola e desidera conoscere Gesù Cristo. Anche io mi sono lasciata battezzare dalle sue liturgie, dalla sua fede, dal richiamo costante al Dio da cui tutto proviene.

Gli ultimi anni in Etiopia sono poi stati anni di servizio alla mia comunità religiosa, come superiora provinciale, sognando insieme come servire meglio questo paese, questa gente e i suoi bisogni, la loro sete, che è come la nostra ma anche tanto diversa perché è sete di educazione primaria, è sete di sanità di base per non morire di parto, è sete di strategie per vivere ancora.

Ed ora, dopo 25 anni mi guardo intorno e ringrazio Dio per tutto ciò che mi ha dato, per lo sguardo che va oltre il limite del “mio” e diventa sguardo che accoglie, che sa riconoscere l’umanità in tutti quelli che mi stanno intorno, vicini e lontani.

E’ per tutti noi, per tutta l’umanità (e non per un noi gretto e meschino) che Dio si fa uomo, è per tutti noi che si lascia celebrare nelle nostre chiese. 25 anni sono un cammino di umanità, di servizio che insegna, di amore che è sguardo di Dio su ogni essere che ha sete perché la sua sete è ora la mia, e forse è Lui il Signore che mi offre dell’acqua più viva…

A tutti voi della comunità parrocchiale di Sirone e dell’unità pastorale San Martino e Benedetto un ringraziamento per avermi accompagnato lungo tutti questi 25 anni di cammino e l’augurio di continuare sempre a riscoprire la fede come dono di Dio che trasforma e arricchisce, che apre ad orizzonti sempre nuovi e freschi!

Martino Benedetto