Domenica isieme - quinta elementare
Domenica 26/3 si è svolta l’ormai consueta “domenica insieme” per i genitori e i ragazzi di quinta elementare della Comunità Pastorale.
Nelle tre parrocchie, al mattino, i ragazzi hanno animato la S. Messa; poi, nei tre oratori, ci si è radunati per il pranzo. A Molteno, per il pranzo comunitario, le famiglie hanno pensato di seguire la falsariga della domenica precedente e cioè una sorta di amatriciana solidale pro popolazioni terremotate; in oratorio è stata cucinata una pasta all’amatriciana ed è stata predisposta una cassettina dove ogni famiglia ha messo un’offerta.
Nel primo pomeriggio i tre gruppi si sono radunati a Civate per la visita all’Oasi di David (per ragazzi e catechisti) e alla Casa del Pellegrino (per i genitori).
Ecco quanto “raccolto” da catechisti e genitori durante i due percorsi:
Oasi di David
“Scegli il bene”: questo lo slogan di questo anno oratoriano, questa l’origine del cammino catechistico dei ragazzi di V elementare, che guardano alla propria vocazione.
Proprio il giorno prima (sabato 25/3) il Papa a Monza ci ha raggiunto con la sua parola, ci ha indicato le chiavi per la nostra vocazione, per aiutarci a comprendere la missione a noi affidata: evocare la memoria, appartenere al popolo di Dio, credere che a Dio nulla è impossibile.
La nostra domenica insieme ci ha permesso di incarnare questa appartenenza alla “Sua Chiesa” (abbiamo condiviso l’Eucaristia e un pranzo di carità) e vivere un tuffo nella memoria: la visita all’Oasi di David a Civate.
“Togliti i sandali, perché sei su terra sacra”: abbiamo tolto le nostre scarpe, abbiamo aperto gli occhi per contemplare nella storia del re Davide l’abbandono di un uomo, di un “consacrato” al suo Signore, un uomo che, aggrappato a Dio, ha potuto vincere il gigante Golia, sperimentando che nulla è impossibile nel suo abbraccio.
Casa del pellegrino
Noi genitori abbiamo, invece, visitato la Casa del Pellegrino, situata alla sinistra della Chiesa Parrocchiale di Civate: visita molto interessante che ci ha fatto scoprire una parte della storia della nostra zona, a molti sconosciuta.
Arrivati alla Piazza Antichi Padri di Civate siamo accolti da un panorama fantastico: in questa giornata di inizio primavera le montagne e il cielo grigio azzurro si specchiano nel lago. Giungendo nel cortile sembra di iniziare un viaggio nel tempo, l’orologio torna indietro, nonostante questa mattina avessimo fatto giusto il contrario!
La casa, di epoca romana, fu fatta costruire dai monaci per accogliere i pellegrini che si stavano recando a San Pietro al Monte, dove in epoca medievale era possibile richiedere l’indulgenza plenaria senza doversi recare fino a Roma.
Ecco un riassunto di quanto esposto dalla guida:
Nella corte ciottolata c’è un pozzo, procedendo avanti è possibile osservare la parte più antica dell’edificio, risalente alla prima metà del 1.400. Sulla parete a sinistra si può vedere uno stemma raffigurante un castello e un canale. Si deduce che la serie di affreschi, raffiguranti l’amor cortese e la caccia con il falcone nelle sale superiori, sia stata commissionata in occasione del matrimonio fra un componente della ricca famiglia Canali e uno di quella Maggi. Ne sono prova le antiche carte che fanno risalire la proprietà, intorno al 1600, a un ricco signore di nome Marco Canali. Infatti la ricca famiglia Maggi di Valmadrera, importante per l’arte della falconeria, aveva come stemma il castello; mentre quella dei Canali amministrava e controllava tutti i corsi d’acqua della zona e sul suo blasone compariva l’immagine del canale.
Salendo al primo piano troviamo due sale importanti, completamente affrescate e dalle pareti rosso porpora, nelle quali è possibile vedere dipinti di caccia alternati a immagini di amor cortese. Nella prima stanza, partendo da destra, si vede un cacciatore che suona un corno, ha la picca pronta per infilzare il cinghiale. I cani, al suono del corno, si preparano per inseguire le prede. La scena viene interrotta da un leopardo seduto, simbolo della ricchezza della famiglia, che accompagna una dama. La scena di caccia riprende dopo una finestra: i cani corrono all’inseguimento di caprioli e cervi. Ancora una volta lo scenario è interrotto dalla rappresentazione di un amor cortese: una dama dai capelli intrecciati e raccolti sulla testa, molto di moda per quell’epoca, è nuovamente accompagnata da un leopardo seduto e con il collare. L’abito della donna è ampio e ricco, le mani sono in una posizione gentile e aggraziata, offrono gigli, emblema di purezza, e un melograno che, con i suoi numerosi semi, rappresenta la fecondità. Di fronte a lei c’è un cavaliere che tiene pere e mele cotogne da regalare alla dama. Sotto a tale immagine sono rappresentate piante di fagiolo e zucca, anch’esse simboli di fecondità e ricchezza. La scena si conclude con il cane che azzanna all’orecchio il cinghiale e con il cacciatore che sferra la picca contro l’animale. Alcuni studiosi ipotizzano che il nome della dama sia Margherita, per la presenza di questi fiori lungo tutto l’affresco.
Nella seconda stanza appaiono gli stessi temi. Partendo da destra si può vedere un cervo dalle corna grandissime, allegoria di lunga vita, seguito da un sole di San Bernardino molto grande con all’interno una crocifissione. Di seguito è raffigurata un’ampia fontana con a destra una dama, accompagnata ancora una volta dal leopardo seduto. A sinistra probabilmente c’era il dipinto di un cavaliere, ma l’immagine è andata perduta, perché in un secondo momento, in quel punto, è stata aperta una finestra. Qui la fecondità è rappresentata da un ricco paniere. A seguire ci sono scene di caccia con il falcone: un cavaliere a cavallo indossa un cappello dalla tesa molto larga, sulla mano destra guantata è appoggiato un falco. Davanti a lui i cani stanano anatre che si librano in volo alzandosi dalla palude, probabilmente quella della vicina località di Isella. Nella scena finale il cacciatore con la picca colpisce il cinghiale. Sulla stessa parete si può vedere una mano benedicente, è la mano di Dio che benedice l’unione tra i membri delle due famiglie: Canali e Maggi.
Sempre al primo piano, nella sala più grande e più recente, risalente alla fine del 1.400, vediamo un dipinto del 1.700, raffigura Sant’Agata con i seni sul piatto, simbolo del suo martirio. All’inizio dei restauri si pensava fosse Santa Lucia con gli occhi, ma in seguito i lavori hanno portato alla luce l’immagine in modo più chiaro e inequivocabile.
Nella stanza attigua più piccola si vede, oltre alle miniature di due chiese, quella di San Pietro al Monte e di Santa Fatima, due affreschi del 1.700. Il primo rappresenta Santa Barbara martire, rinchiusa in una torre dal padre a causa della sua fede , poi decapitata. Nel momento della decapitazione Dio, per punizione divina, fece cadere un fulmine sul padre e per questo motivo Santa Barbara è la protettrice dei minatori e degli artificieri. L’altro rappresenta ancora Sant’ Agata. Sulle pareti di tutta la sala si vedono dei lacerti floreali, ciò sta a significare che la stanza in origine era completamente dipinta.
Molti sono stati i restauri fatti negli ultimi decenni, grazie ai quali questi affascinanti reperti storici e artistici sono stati recuperati e sono ora visibili. è possibile visitare la Casa del pellegrino tutte le domeniche dalle 16 alle 18 e in altri orari e giorni contattando l’Associazione Luce nascosta che si occupa della gestione del servizio.
Molti di noi erano già stati per diletto o per allenamento a San Pietro, ma senza conoscerne la storia.
Ringraziamo chi ha avuto questa idea, che ci ha permesso di stare insieme e anche di arricchirci.