Giornata diocesana della caritas (5 novembre)

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Gli operatori pastorali della carità di Molteno insieme agli operatori della Zona Pastorale III di Lecco, sabato 4 novembre u.s. presso la Casa Cardinal Schuster a Milano hanno celebrato il mandato conferito da Mons. Luca Bressan Vicario Episcopale Presidente Fondazione Caritas Ambrosiana. 

Titolo della giornata è: “Non lasciamoci rubare la speranza” (Eg, 86) “Coraggio, sono io, non abbiate paura!” (Mt. 14, 27).

Il messaggio dell’Arcivescovo Mons. Mario Delpini, nella festa liturgica di Cristo Re: “Desidero dichiarare il mio immenso debito di gratitudine. Grazie a coloro che ogni giorno dedicano tempo e passione perché chi è in difficoltà si senta accolto, stimato, aiutato: amato insomma. Grazie a tutte le comunità della diocesi che, evitando troppo facili deleghe, condividono uno sguardo evangelico e una operosa sollecitudine per i poveri, per gli afflitti, per chi vive senza speranza. Grazie per tutti gli operatori Caritas che con semplicità e tenacia si fanno carico di diffondere con opere e pensieri la fiduciosa persuasione che il futuro del mondo si costruisce nell’impresa condivisa di prendersi cura gli uni degli altri, con particolare attenzione ai poveri”, con l’augurio e l’incoraggiamento a continuare l’impegno confidando nell’amore di Dio che sempre accompagna i suoi figli.

L’intervento di Don Angelo Casati, “Le paure che ci abitano”, ci parla di paure al plurale. Paure percepite di giorno in giorno in maniera dilagante e contagiosa. Paura del “viaggio” della vita così come ci è data e non come prefigurata. Una vita che ci invita a scegliere tra il rimanere e il mettersi in viaggio, tra stare fermi per paura o amando vincendo la paura. La condizione per amare è uscire, una vita senza viaggio è una vita senza amore. Spesso la parola “viaggio” entra nei discorsi quando si parla di migranti. Dovrebbe questa parola entrare sempre più nei nostri pensieri e nei nostri discorsi e parlare con intelligenza. Dovrebbe parlare del loro viaggio. 

Padre Alejandro Solalinda nella sua casa-rifugio Hermanos  en el Camino De Ciudad Ixtepec in Messico dal febbraio 2007 ad oggi ha accolto e protetto decine di migliaia di migranti ma ha anche attirato la rabbia di tante persone.  In un passaggio di una sua intervista diceva: “Dovete, dobbiamo essere in grado di cambiare la nostra visione, allungandola. Quella che abbiamo ora è parziale, molto corta: bisogna ampliare l’orizzonte, capire che la Storia dell’umanità è lunga, ognuno di noi è un puntino che però non deve rimanere inerte. Anzi, si deve azzardare a mettere un nuovo paio di occhiali: una nuova lente è quella che mi fa capire che come l’avanzamento tecnologico non basti ad evolversi, dato che stiamo compiendo azioni barbare peggio ancora di quanto faceva l’uomo nelle caverne. Dobbiamo chiederci dove vogliamo arrivare, fermare queste barbarie. Con l’altra lente, dobbiamo essere in grado di vedere con gli occhi di Gesù. Non sto parlando da credente, perché so che potrei risultare un predicatore come tanti, sto parlando da uomo”.

La paura ci paralizza, la fiducia ci apre, ci apre all’invenzione. 

Gesù ci invita a guardare ad una persona che appartiene alla categoria dei poveri, la vedova che nella sua miseria ha gettato due monetine, tutto quello che aveva per vivere (Mc. 12, 41-44) Gesù toglie attenzione a coloro che sdottorano nel tempio ad esibizione di se stessi e mette in cattedra, noi diremmo, una poveretta. Gesù sembra dire: “Posate gli occhi non finite di guardare quella vedova povera, quasi invisibile, lei che nel silenzio più assoluto fa scivolare, senza che se ne oda il rumore, nel tesoro del tempio due monetine che era tutto quello che aveva per vivere. Guardate a lei è la sintesi del Vangelo, guardate ai poveri, guardate agli ultimi, hanno molto da insegnare in fatto di Vangelo e non solo. Nessuno sa il nome di quella donna, povera anche di nome, una innominata nella folla dei piccoli, ma agli occhi di Gesù è grande, la più grande. Lei si è messa in viaggio. Confidando in Dio!

Gianni Fumagalli

Martino Benedetto