Il diritto senza il dovere non esiste




“Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che cosa sono se non dei piccoli Stati? È pur sempre un gruppo di individui che è retto dal comando di un capo, è vincolato da un patto sociale e il bottino si divide secondo la legge della convenzione. Se la banda malvagia aumenta con l'aggiungersi di uomini perversi tanto che possiede territori, stabilisce residenze, occupa città, sottomette popoli, assume più apertamente il nome di Stato che gli è accordato ormai nella realtà dei fatti non dalla diminuzione dell'ambizione di possedere ma da una maggiore sicurezza nell'impunità. Con finezza e verità a un tempo rispose in questo senso ad Alessandro il Grande un pirata catturato. Il re gli chiese che idea gli era venuta in testa per infestare il mare. E quegli con franca spavalderia: "La stessa che a te per infestare il mondo intero; ma io sono considerato un pirata perché lo faccio con un piccolo naviglio, tu un condottiero perché lo fai con una grande flotta.”
(Agostino, De civitate Dei, IV)
llegalità, mafia e corruzione con due relatori d’eccezione:
Dott. Claudio Maria Galoppi nato a Oggiono nel 1966, assegnato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Como dal dicembre 1997. Nel 2010 presso il Tribunale di Milano con funzione di Giudice assegnato alla Settima Sezione.
Dal 25.09.2014 componente del Consiglio Superiore della Magistratura.
Dott. Paolo Storari nato nel 1966, compagno di studi di Claudio Maria Galoppi, avvocato e magistrato dal 1998. Pubblico Ministero dal 2009 presso la direzione distrettuale antimafia di Milano.
Introduce la serata il Parroco Don Maurizio Mottadelli della Comunità Pastorale San Giovanni Battista (Oggiono, Annone, Ello, Imberido) una serata voluta per comprendere quale è il compito che una comunità cristiana può assumere per essere all’interno della società una presenza positiva su queste tematiche.
L’intervento del Magistrato Galoppi:
“Ringrazio Don Maurizio per avermi invitato, è questa una occasione per incontrare un sacco di amici importanti per la mia personale formazione. Un grazie vero!
Don Maurizio mi ha affidato il compito di fare una riflessione a carattere generale sulla corruzione e sulla illegalità. Condivido riflessioni di carattere generale su questo argomento. La corruzione è un fenomeno molto diffuso e complesso da accertare e comprendere storicamente radicato, se rileggiamo la storia ne parlava già Tacito che ha coniato in latino Corruptissima re publica plurimae leges, più leggi si fanno più la corruzione prolifera. Vedremo che questa è una delle cause per cui profilera, non solo in Italia ma in tutto il mondo, ricordiamo i recentissimi fatti dell’incriminazione di Wilma Russet Presidente della Federazione del Brasile che risalgono al 2015/2016 un fenomeno internazionalmente diffuso, storicamente radicato molto complesso da accertare e da ricostruire.
Di fronte a questa complessità per capire qual è il percorso più corretto e cercare di impostare una reale prevenzione al fenomeno corruttivo credo che per quanto riguarda il nostro paese e la nostra tradizione politica istituzionale storica e culturale sia importante ricondurre richiamare alcuni principi costituzionali che da un lato ci fanno capire su quali basi deve essere fondato il rapporto stato cittadino ma soprattutto quali sono i doveri di tutti i cittadini.
Dobbiamo essere orgogliosi della nostra Costituzione, una Costituzione che dobbiamo difendere e che ci viene imitata e invidiata da molti paesi non solo europei ma soprattutto di altri continenti
Quali sono questi principi?
Primo principio l’imparzialità della pubblica amministrazione che ha una declinazione nel principio di buon andamento della pubblica amministrazione ma ha anche una declinazione importante nel principio che tutti conosciamo per cui si accede alle cariche, non elettive naturalmente, mediante concorso. Quindi mediante sistemi selettivi trasparenti che dovrebbero premiare il merito.
Altro principio importante che regola i rapporti tra i pubblici dipendenti e lo stato è quello per cui i pubblici dipendenti devono operare al servizio esclusivo della nazione. Questo vuol dire che l’interesse del singolo va in seconda battuta, il primario interesse è l’interesse pubblico.
Altro principio fondamentale ciascun cittadino deve adempiere le proprie mansioni con disciplina ed onore ma questo obbligo è rafforzato per i pubblici dipendenti.
Questi principi pongono l’accento sui doveri e questa attenzione e concentrazione di interesse dei padri costituenti sui doveri si richiama all’articolo generale della Costituzione che dice “nel nostro sistema devono essere salvaguardati i diritti ma non esistono diritti senza doveri”
Il fondamento della civile convivenza non è solo il riconoscimento dei diritti ma è anche soprattutto la necessità di riconoscere che prima dei diritti vengono i doveri inderogabili
Dal dovere inderogabile di solidarietà a seguire tutti i doveri che connotano in particolare il rapporto tra il cittadino e il pubblico dipendente, con lo Stato, con la Pubblica Amministrazione.
Primo passaggio fondamentale: occorre un equilibrio tra diritti e doveri e io credo di potervi consegnare questa riflessione, questo rapporto così delicato tra diritti e doveri e questa necessità di mettere l’attenzione prima che sui diritti e poi sui doveri è particolarmente vero in quest’epoca dove noi assistiamo ad una proliferazione di diritti, sentiamo sempre parlare della necessità che vengano riconosciuti i diritti ma non sentiamo più parlare di doveri.
Il diritto senza il dovere non esiste!
Voglio ricordare una Frase profetica di Aldo Moro nel 13° Congresso della Democrazia Cristiana nel marzo 1976 che così diceva: “Questo paese non si salverà, la grande stagione dei diritti risulterà effimera se non nascerà in Italia un nuovo senso del dovere” lo diceva Aldo Moro negli anni ‘70 quando si discuteva e addirittura ci si sparava in relazione ai diritti sociali. Questa frase è particolarmente vera ora nel 2017 quando si parla di altri diritti; pensiamo al diritto di tutta la problematica relativa all’inizio e al fine vita, a tutti i diritti legati all’identità sessuale delle persone. Se noi affermiamo che esistono solo diritti ma che non esistono doveri non ci potrà mai essere una convivenza civile adeguata.
Il venir meno dei doveri, quindi questo sbilanciamento dei diritti e dei doveri è, non solo dal punto di vista culturale ma anche da un punto di vista storico, la prima causa dei fenomeni di illegalità diffusa tra i quali si colloca anche il fenomeno della corruzione.
In una crisi della rappresentanza pubblica e politica in generale e nella degenerazione dell’azione pubblica.
Siamo testimoni di un’epoca nella quale gli organismi tradizionali di rappresentanza pubblica, sindacati e partiti sono irrimediabilmente in crisi, quindi non esistono più ambiti di mediazione nel rapporto tra stato e cittadino e quindi questo ha costituito e costituisce il presupposto di una degenerazione dell’azione pubblica nel senso che se non esiste l’organismo di mediazione nella rappresentanza politica, nella rappresentanza pubblica, prevale l’interesse individuale e dunque anche qualsiasi mezzo, qualsiasi strumento lecito e illecito di affermazione dell’interesse individuale.
Diceva a questo proposito Piero Calamandrei nell’opera Lo Stato siamo noi: “L’indifferenza per lo Stato e per tutto quanto esso rappresenta come l’indifferenza alla politica, l’indifferenza alla legge, l’indifferenza all’esercizio della sovranità popolare, conduce gradatamente all’allontanamento dei valori di cui la Costituzione è portatrice, ad una perdita dell’etica dello Stato e per lo Stato e ad un aumento direttamente proporzionale di tutti quei fenomeni che in senso ampio vengono definiti di mala amministrazione” in questo contesto trova terreno fertile la manifestazione di tutti i fenomeni corruttivi di tutte quelle situazioni di illiceità che si possono ricondurre ai fenomeni corruttivi.
La crisi della rappresentanza politica ha rappresentato una serie di conseguenze sul prodotto della attività politica cioè sulle leggi. A questo fenomeno assistiamo quotidianamente noi che di Leggi ci dobbiamo occupare tutti i giorni essendo strumento del nostro lavoro.
Il legislatore legifera moltissimo, molto spesso legifera inutilmente e quando deve legiferare non legifera quindi proliferazione legislativa, ritardo del legislatore nell’intervento di regolamentazione di determinati settori. Tutto questo determina due conseguenze, prima conseguenza si aumenta a dismisura il potere del giudice perché se la legge non è chiara e non si riesce a comprendere come una determinata situazione debba essere regolata.
L’altra conseguenza ben più grave riguarda il fenomeno corruttivo, dove per corruzione intendo la degenerazione dei rapporti cittadini/stato. E’ che in questa situazione di incertezza giuridica di incapacità di districarsi in questa marea di norme indefinite si annidano i fenomeni di illiceità, quei fenomeni di realtà magmatiche nella quale si inserisce quella figura che i costituzionalisti hanno definito negli ultimi anni la figura del “facilitatore”, cioè colui che grazie ad una serie, più che di competenze, di conoscenze, all’interno dello stato e della pubblica amministrazione, agevola i rapporti tra cittadini che non capiscono come si devono comportare e pubblica amministrazione. Il facilitatore cioè colui che agevola i rapporti tra cittadino e Stato in una situazione di difficoltà di orientamento all’interno di questa categoria ci stanno anche soggetti che illecitamente svolgono questa attività, corrotti, corruttori, concussori e quant’altro.
Il fenomeno della corruzione ha anche una serie di conseguenze pratiche. Le conseguenze pratiche di tutti i fenomeni corruttivi, non solo di quella tradizionale della tangente ma in generale di tutti i fenomeni corruttivi. Le conseguenze pratiche della corruzione non devono e non possono essere trascurate perché sono delle conseguenze sistemiche e delle conseguenze di particolare gravità. Ho trovato molto interessante uno studio sul fenomeno della corruzione che è stato presentato quest’anno a Cernobbio al Forum Ambrosetti al quale ho partecipato, negli anni, questa società molto seria che si occupa di studiare anche il sistema istituzionale italiano perché quello economico ha svolto negli anni attraverso l’esame di una serie di indicatori ha svolto una ricerca molto approfondita e si è arrivati alle conclusioni che vi vorrei rappresentate proprio sull’impatto negativo della corruzione
Prima conseguenza: la corruzione, e mi riferisco a tutti i fenomeni corruttivi, non solo le tangenti ma anche alla corruzione tra privati che ormai adesso si afferma sempre più anche come forma illecita di vantaggi contrattuali. La corruzione riduce gli investimenti privati, le società straniere, gli investitori stranieri non sono assolutamente incoraggiati ad investire in un paese in un sistema dove la corruzione è diffusa perché in un paese dove la corruzione è diffusa vengono favorite le imprese che operano sul territorio e che hanno relazione consolidate sul territorio e costituiscono forme improprie di agevolazione. Questo cosa determina? Che c’è una conseguenza negativa sulla concorrenza e sulla competitività, quindi ne risente tutto il sistema.
Altra conseguenza vengono scoraggiati gli investimenti in capitale umano perché in un sistema nel quale conta più chi conosci rispetto a cosa conosci le persone che hanno maturato competenze, esperienze professionali significative sono portati a valorizzare queste competenze ed esperienze altrove. Vi do dei dati, nel 2014 per la prima volta in un decennio il numero ufficiale di italiani espatriati nell’arco dell’anno solare ha superato la quota di 100.000 persone di cui la metà sono giovani tra i 20 e i 40 anni. Nel 2015 l’espatrio di italiani all’estero ha toccato le 107.000 unità, quindi un fenomeno molto importante e significativo non solo qualitativamente ma anche quantitativamente.
Ulteriore conseguenza le corruzioni e inefficienze legate alla spesa pubblica. È chiaro che quando si fa un appalto, se l’appalto non è trasparente si innalza la spesa perché l’opera pubblica costa di più, si abbassa la qualità e quindi i ponti crollano.
Peggiora la governance a livello pubblico ma anche a livello privato, i migliori se ne sono andati e quindi coloro che potrebbero mettere a disposizione le loro competenze nella gestione della cosa pubblica non ci sono più oppure ci sono quelli che sono disposti a gestire la cosa pubblica con metodi non trasparenti e non leciti. Ma la corruzione diminuisce anche le entrate statali perché diminuiscono gli investimenti diminuisce la competitività e quindi lo stato incassa meno le tasse. Aumenta la disuguaglianza nella popolazione perché tutti questi sistemi incidono sul sistema di welfare. E’ chiaro che tutto il sistema ne risente negativamente.
Voglio chiudere questa riflessione iniziale anche lanciando un messaggio positivo perché ci sono gli antidoti per vincere l’illegalità e la corruzione in generale ma gli antidoti devono mettere in gioco una serie di responsabilità tra cui in primo luogo la responsabilità individuale. Non è possibile un cambiamento culturale rispetto anche ai fenomeni delle corruzioni senza un percorso che rimetta al centro l’individuo con le sue responsabilità. La corruzione non è affare d’altri, è anche affare nostro nel rapporto con le altre persone ma anche nel rapporto con lo stato e le altre amministrazioni.
Dobbiamo pretendere un cambiamento della politica che non si fa coi populismi, dei quali ora siamo invasi, ma pretendendo dalla politica un cambiamento serio ad esempio la richiesta di una trasparenza nelle attività di lobbing. Sappiamo che le attività di lobbing, cioè categorie portatrici di interessi interagiscano con il potere politico per ottenere determinati risultati è un fatto positivo purché sia pubblico riconoscibile e comprensibile.
Altra cosa da superare è superare l’incertezza del diritto. E’ da 22 anni che sono in magistratura, è da 22 anni che sento dire che bisogna semplificare le leggi. Ogni intervento di semplificazione determina una ulteriore obbligazione. Un legislatore intelligente deve attuare quello che tutti gli studiosi hanno sempre definito la cosiddetta ghigliottina normativa cioè una serie idi interventi per diminuire drasticamente il numero delle leggi e per attuare un intervento di semplificazione e restaurare una vera separazione dei doveri, il parlamento che faccia il parlamento, il governo che faccia il governo, i giudici che non siano costretti ad una attività di supplenza.
L’angolo visuale in cui mi trovo ad operare, il Consiglio Superiore della Magistratura, mi ha consentito di comprendere che il rispetto delle regole, il senso della legalità, sono il primo presidio contro ogni forma di attentato alla libertà individuale e collettiva.”
L’intervento del Pubblico Ministero Dott. Paolo Storari
“Ricordo quando studiavo insieme a Claudio per il concorso di Magistratura, venivo a studiare a casa sua quindi ho molto piacere a tornare in questi posti.
Dopo 9 anni alla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano cerco di darvi un quadro della criminalità organizzata di stampo mafioso nel distretto della Corte di Appello di Milano.
Un intervento che deve per prima cosa desacralizzare la materia. Ormai noi siamo abituati a seguire un paio di sere la settimana le fiction su mafia, camorra e quant’altro, ci sono libri a non finire, in televisione dibattiti a non finire dove la visione che più o meno viene data è distorta rispetto a quelle che sono le indagini giudiziarie è più o meno la seguente: il Pubblico Ministero con la spada che è il buono, ci sono dall’altra parte i cattivi, il Pubblico Ministero non sbaglia mai, se il giudice assolve vuol dire che quantomeno è colluso e questo non va bene, gli avvocati non esistono e il cattivo è destinato a perdere sempre.
Questa visione è totalmente sbagliata, estranea ed e propugnata per bassi fini a caratteri elettorali
Quando parliamo di criminalità organizzata di tipo mafioso al nord oggi abbiamo in indagine due tipi di organizzazioni con strutture diverse che hanno modi di operare e di insediarsi sul territorio diversi.
La prima è ’ndrangheta è una struttura che ha colonizzato il nord e il termine colonizzazione non viene usato a caso, si tratta di una colonizzazione al contrario dove diciamo che coloro che sono più arretrati, la realtà calabrese, viene a colonizzare quelli che in apparenza sembrerebbero più moderni e progressisti, Quando parlo di colonizzazione parlo almeno, accertate oggi, di 25 strutture di locali di ‘ndrangheta presenti nel distretto della Corte di Appello di Milano.
E’ presente da almeno tre generazioni di soggetti che sono sul territorio, stanno qua e vanno giù soltanto per le feste comandate ma operano qua, lavorano qua, hanno i figli qua.
Diverso discorso invece per la mafia. Le organizzazione mafiose siciliane non hanno strutture presenti qua, vengono qua solo ed esclusivamente per fare affari. Due recenti indagini della direzione Distrettuale di Milano hanno dimostrato quanto segue. Una coinvolgeva una famiglia mafiosa di Pietraperzia che lavorava presso la Fiera di Milano e l’altra una famiglia mafiosa di Catania che aveva importanti investimenti immobiliari nell’ambito delle strutture dei supermercati della Lidl del nord Italia.
Due modi di conformarsi diversi.
Questa è una prima conformazione che hanno le organizzazioni criminali
Il secondo dato che deve esser smitizzato è il seguente, comprendere in sostanza chi è il mafioso. Il mafioso è colui che difende il debole, che porta la pace sociale che è in grado di risolvere controversie senza l’aiuto dello Stato. Questa è una visione che alcuni di noi ancora hanno, parlo di imprenditori del profondo nord che hanno questa visione. Questa visione mitica deve essere assolutamente non enfatizzata anzi ripudiata nella maniera più assoluta. Vi faccio un esempio di una indagine giudiziaria di alcuni anni fa di quanto ci tengono alla famiglia gli ‘ndranghetisti; esisteva una bambina di 13 anni, seconda/terza media, che ha una simpatia per un suo compagno di classe, è figlia di una famiglia mafiosa, ad un certo punto comunica al papa e alla mamma questa simpatia assolutamente innocente, giocano insieme, sono in seconda media. Il padre e la madre la prendono, la segregano, la obbligano a fidanzarsi con un ragazzo di vent’anni figlio di una famiglia mafiosa concorrente. Il fidanzamento è funzionale solo ad unire le due famiglie per aumentare la potenzialità. Questo succede nel profondo nord nel 2016 e questo in qualche modo dovrebbe farci riflettere su quali sono i valori, che diciamo, propugnano le organizzazioni criminali.
Terzo punto: nei primi anni della mia attività ci si è occupati dei fenomeni violenti più scabrosi, omicidi, estorsioni, usure, reati ad ampia visibilità. Quando un morto capita al nord, insomma fa rumore. Questo è andato avanti quattro o cinque anni poi ci si è accorti che forse il centro non è questo. Cosa intendo dire che il centro non è questo? Intendo dire che forse bisogna abbandonare un’ottica mafiocentrica, cioè che tutto è mafia. Perché se passa che tutto è mafia niente è mafia. Tutto diventa assolutamente indistinto e questo non va bene perché i fenomeni dobbiamo distinguerli e se non li conosciamo e non li distinguiamo non siamo neanche in grado di combatterli in maniera adeguata.
In questa materia c’è un forte populismo giudiziario. Cosa intendo per populismo giudiziario? Primo molta gente su questa materia ci mangia. Pensate che si organizzano convegni su questi argomenti pensate che i convegni vengono finanziati e la gente viene pagata per andare per cui questo è un modo per mangiarci e ci va anche gente che non sa una parola di questa materia, ma fino a questo niente di grave. La cosa diventa più grave quando la gente fa finta di essere vittima di mafia perché oggi, di questa gente che non ha subito niente e che va in giro a fare la vittima di professione ce ne sono moltissimi. Uno addirittura è andato in Parlamento ha fatto fare interrogazioni parlamentari, ha vinto l’Ambrogino d’Oro e poi ad un certo punto si è scoperto che non è mai stato vittima di mafia, è stato sentito per quattro ore da me e smentito davanti al mondo intero. A queste cose dobbiamo stare molto attenti perché sono forme di populismo giudiziario.
L’antidoto a queste forme di mistificazione è solo uno, il logos, la ragione, il pensare con la propria testa e rivolgersi a persone che di queste materie ne sanno.
La prima cosa che ho compreso in questa materia è che la lingua determina il pensiero. Mi spiego.
Noi sentiamo spesso quando si parla di mafia al nord, di infiltrazione che è un termine del linguaggio comune, in sostanza abbiamo qualcosa di cattivo che va a colpire qualcosa di buono e nella metafora in materia di criminalità organizzata abbiamo i cattivi del sud che vanno a intaccare una realtà civile e sociale assolutamente sana del nord. Non c’è panzana più grossa!
Non è l’ ‘ndranghetista che si rivolge all’imprenditore del nord chiedendo il pizzo, ma è l’imprenditore del nord che ha bisogno di recuperare il credito e si rivolge lui, lui prende l’iniziativa e va dall’ ‘ndranghetista e gli chiede di intervenire. E’ il politico del nord che va dall’ ‘ndranghetista a chiedere voti a fronte di denaro. Non è l’ ‘ndranghetista che si propone dicendo attenzione se non fai questo subisci un attentato. E’ il commercialista che va dall’ 'ndranghetista imprenditore e gli dice per “per me sei un affare”. Quindi utilizzare il termine infiltrazione dell’ ‘ndranghetista al nord è una espressione in qualche modo auto assolutoria. E non è proprio così.
Perego, che tutti conosciamo, pensava di essere più furbo degli altri, si è rivolto all’ ‘ndrangheta perché potesse garantirgli il lavoro. Come è finita? E’ finita che l’ ‘ndrangheta gli ha mangiato tutto e lui è ancora in carcere con sentenza definitiva con una pena anche di un certo rilievo.
Se questa è la realtà criminologica allora forse per vincere la criminalità organizzata si devo occuparmi delle estorsione e degli omicidi e questo è un dato di fatto, ma forse devo occuparmi sempre più di quei fattori di contesto che favoriscono la criminalità. In che senso? Se l’ ‘ndranghetista non avesse dei punti di collegamento con la società civile, l’intermediario di cui vi parlava prima Claudio, quel commercialista che è in grado di mettere in contatto l’ ‘ndranghetista con l’imprenditore, quell’avvocato che è in grado di mettere in contatto l’ ‘ndranghetista col magistrato, se non ci fossero questi ponti di collegamento, se non ci fossero questi “facilitatori” la mafia e l’ ‘ndrangheta sarebbero criminalità comuni relegata nel traffico degli stupefacenti, negli omicidi nelle estorsioni, fatti gravi ma non preoccupanti come organizzazioni criminali che penetrano la società civile. Mafia e ‘ndrangheta Preoccupano non perché commettono omicidi, perché ci sono organizzazioni che fanno ancora peggio, ma preoccupano perché si infiltrano nelle figure di potere attraverso appunto i “facilitatori” coloro che mettono in contatto i due mondi che a questo punto si scambiano reciprocamente favori.
Se tolgo la figura del facilitatore l’ ‘ndrangheta rimane confinata nella bassa criminalità, rimane confinata a fare stupefacenti e non altro. Ecco allora l’attenzione particolare che deve essere mossa non alla mafia ma a ciò che sta attorno alla mafia a quei fattori di contesto che ne favoriscono l’espansione.
Se questa realtà è vera dobbiamo prestare sempre maggiore attenzione a questo ambiente, a questa società civile vicina. Questo comporta responsabilità nelle agenzie di contrasto, Carabinieri, Polizia, Magistratura e quant’altro. Innanzitutto nuove sensibilità, devi capire alcune volte che un sorriso non è un sorriso ma è una minaccia. La minaccia non è solo una pistola puntata alla tempia ma basta una frase.
Competenza, chi fa direzione distrettuale antimafia non può pensare di accontentarsi di conoscere gli omicidi le norme sugli omicidi, sull’usura e su tutti i reati violenti, bisogna iniziare a conoscere i reati tributari, i reati societari, i reati fallimentari altrimenti non si va da nessuna parte.
Ultima cosa sul tema corruttivo.
Primo: la corruzione oggi, a differenza del passato, almeno dalle indagini che emergono è pervasiva, è polverizzata, non abbiamo più la maxitangente di 3.000.000 di euro ma abbiamo la stecca di basso livello, tante e piccole, non una grossa.
Secondo: Il corrotto non è il mondo politico, forse ha perso potere, ma la pubblica amministrazione
Terzo: ci sono catene corruttive, la vicenda coinvolge spesso quattro cinque persone
Quarto: mentre un tempo si scambiavano somme di denaro oggi sono le più varie possibili, vacanze, prestazioni sessuali (ovviamente un evergreen) e ogni utilità che veramente si può immaginare, per arrivare perfino all’aspirapolvere, direi che siamo alla frutta!”
Daniela Invernizzi