La Parola ogni giorno: 24 Maggio
Solennità dell’Ascensione
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca (24, 36-53)
In quel tempo. Il Signore Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi ». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Commento
Dopo essersi manifestato risorto ai suoi discepoli, dopo aver riportato la pace nei loro cuori, dopo aver promesso un dono straordinario, cioè lo Spirito Santo, Gesù, ci dice il vangelo di oggi, “si staccò da loro e veniva portato su in cielo”. Noi conosciamo la fatica dei distacchi perché siamo gente che si affeziona, che si lega con gli altri, che ci mette tanto ad aprirsi. Quando poi il distacco è definitivo come nel caso della morte, siamo interiormente devastati. Come se ne va Gesù, come lascia questa terra per rientrare ne cielo di Dio, cioè nella comunione della Trinità? Lo fa compiendo tre gesti:
Anzitutto conduce fuori i suoi discepoli. In questi giorni siamo tornati ad uscire fuori anche noi. Abbiamo bisogno di spazi aperti noi che siamo fatti per il cielo. Abbiamo bisogno di sollevare il capo, di non annegare nella frenesia delle giornate. Abbiamo bisogno di un nostro luogo anche per coltivare il silenzio, l’ascolto di Dio, la preghiera. Ma questo condurre fuori ricorda anche che i discepoli esistono per il mondo non per se stessi. Come a dire, voi non starete chiusi in voi stessi, non farete della religione un circolo per pochi, voi vi aprirete al mondo, andrete nel mondo per far emergere le forze più belle, per ricordare all’uomo quanto è amato. Papa Francesco ci ha parlato spesso di “Chiesa in uscita”, una chiesa che non chiude mai il cerchio ma lascia sempre una apertura verso l’altro. Verso il mondo ad annunciare conversione, cioè a indicare un cammino nuovo, una strada di luce, di bene, e perdono dei peccati, cioè la possibilità per dono di Dio , di ricominciare sempre.
Poi benedice i suoi discepoli. L’ultimo gesto di Gesù è una benedizione. Pensate che bello: Gesù non ha parole di maledizione, di accusa, non rinfaccia all’uomo la sua fragilità. No, lui benedice, dice bene di me, così come sono, nelle mie fragilità, nel mio credere e nel mio dubitare, nel mio provarci e nel mio stancarmi. Così deve essere il nostro legame con il mondo: non di diffidenza, non di accusa feroce. In questi tempi da qualcuno è stata fatta una lettura della pandemia come castigo di Dio. Stiamo attenti ad attribuire a Dio intenzioni che non ha, a farlo diventare vendicativo, quando invece è il Dio che si è caricato del nostro male, del nostro peccato. Dunque anche noi intenti a benedire: benedire Dio, la vita, le persone che ci fanno oggetto della loro attenzione e del loro affetto, il bene e la generosità che anche in questi mesi drammatici abbiamo visto affiorare in tanti modi.
Infine Gesù si staccò. La sua non sarà più una presenza circoscritta a un momento e a un luogo, cioè legata alla normale dimensione spazio-temporale, ma sarà presenza nel profondo di ciascuno. Se prima era insieme ai discepoli, adesso sarà dentro di loro, come forza che eleva l’umano, che porta verso l’alto, che dona una immensa dignità a questo essere limitato che è ciascuno di noi. Anche noi siamo chiamati alla vicinanza ma anche al distacco. Pensate come sia importante per la vostra crescita che i genitori imparino a staccarsi per lasciarvi spazio, per farvi camminare nella vita con le vostre gambe. A volte i nostri rapporti sono possessivi, ci sono amicizie e amori asfissianti che invece di liberare le persone, le sequestrano.
La conclusione del vangelo è sorprendente: i discepoli tornano a Gerusalemme con grande gioia. A logica dovrebbe essere tristi e preoccupati: se ne è andato il loro amico, il loro maestro. E invece sono contenti perché hanno capito che nell’umanità di Gesù salito al Padre anche loro sono portati in cielo e che nel segno dell’amore Lui continuerà ad essere in loro e con loro sulle strade della vita.
Bella davvero questa festa di Gesù che ascende al cielo, perché ci ricorda che, se da una parte sentiamo tante forze che ci trascinano verso il basso, esiste anche una forza che ci spinge verso l’alto, ci tira su come succede a una fiamma, a un fiore, a un albero. E’ la scintilla divina che Gesù ha lasciato nei nostri cuori: lo Spirito Santo, di cui parleremo domenica prossima, festa di Pentecoste.