S. Messa di apertura della missione popolare (aggiornato)

Aggiornato con nuove foto

Omelia: Oggi devo fermarmi a casa tua

La generazione degli occhi bassi.

C’è gente che cammina a capo chino, c’è una generazione dagli occhi bassi. Sembrano saggi, guardano dove mettono i piedi, evitano di inciampare. In realtà chi cammina a capo chino con gli occhi bassi non sa dove va, più che saggio è cauto, più che evitare di inciampare si impedisce di correre.

C’è gente che cammina a capo chino, una generazione dagli occhi bassi. Sembrano umili, non si esaltano, evitano imprese temerarie. In realtà chi cammina a capo chino consuma il suo tempo guardandosi addosso, ripiegato su di sé, chiuso nei suoi pensieri, forse nei suoi problemi, concentrato sulla sua vicenda, forse indifferente al mondo che si muove attorno e alla gente che cammina accanto. Più che essere umili sono forse inclini alla noncuranza nei confronti del mondo e degli altri.

C’è gente che cammina a capo chino, una generazione dagli occhi bassi. Sembrano soddisfatti, si accontentano, non hanno troppe pretese. Chiedono di essere lasciati in pace. I genitori, gli educatori, i preti sono un po’ un fastidio. Chi sa che cosa pretendono. In realtà chi tiene gli occhi bassi, più che soddisfatto è rassegnato, prende la vita come viene, ha i suoi angolini gratificanti e non ha bisogno d’altro.

L’invito di Gesù: Alzate i vostri occhi e guardare i campi che già biondeggiano per la mietitura.

Contro la generazione dagli occhi bassi, l’invito di Gesù è ad alzare gli occhi.

Chi alza gli occhi e si guarda intorno può accorgersi che il mondo è abitato da una promessa. Non è un deserto avaro di frutti, minaccioso per i pericoli, ostile per la presenza di nemici. È un campo.

Il campo si qualifica per il seme che ospita: chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna (Gal 6,8).  La missione che si avvia intende raggiungere tutti coloro che sono disponibili ad accogliere il seme della parola, sarà occasione per molte esperienze e molte parole sagge. Ma quello che ci aspettiamo è che sia accolto l’invito di Gesù e che tutti si decidano ad alzare gli occhi, a riconoscere la promessa seminata e a vedere che già si riconosce l’abbondanza del raccolto. 

Gesù passando per Gerico alza gli occhi e riconosce una attesa e una disponibilità nella curiosità di Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, un peccatore, secondo la gente. La missione è l’occasione in cui, con la parola, lo sguardo, la simpatia dei missionari e delle missionarie, Gesù alza lo sguardo verso di noi, si ferma in casa nostra e invita ad alzare lo sguardo.

Così la presenza del Vescovo: non aggiunge nulla, non ha nessuna ricetta da offrire, non ha risorse o parole da aggiungere, ma rinnova l’invito: alzate i vostri occhi!

Quelli che guardano lontano.

Coloro che alzano gli occhi sono quelli che guardano lontano. 

Quelli che guardano lontano sono il popolo della speranza. Non vivono ripiegati su se stessi, soddisfatti o rassegnati a una sistemazione rassicurante, ma guardano lontano: sperano nelle promesse di Dio, si affidano a lui, sono in cammino verso una terra promessa che si chiama, niente di meno!, vita eterna, cioè la vita di Dio.

Non si immaginano che la comunione con Dio sia una parentesi in una vita che resta banale e precaria, piuttosto Dio vuole che quelli che lo adorano lo adorino in spirito e verità. 

Coloro che guardano lontano non vedono come esito ultimo della loro vita la morte e il nulla, ma la pienezza della vita in comunione con Dio. Hanno speranza di vita eterna. 

Quelli che guardano lontano vedono il mondo non come una terra ostile, ma come un campo che promette un buon raccolto. Leggono la storia come una vicenda di semina e di raccolto, guardano ai fratelli e alle sorelle che incontrano come a persone chiamate ad essere un buon raccolto per il regno. Coloro che guardano lontano vivono la storia come una responsabilità: sono mandati a mietere il frutto di altre fatiche, sono mandati a rallegrarsi per una storia che racconta di quanto grande sia stata la generosità di chi ha faticato. La contemplazione del bene immenso che fruttifica nel campo di Dio è motivo di gratitudine, di ammirazione, di emulazione. Adesso tocca a noi mietere e seminare!

Quelli che guardano lontano vedono Gesù e riconoscono di essere interlocutori di una parola sorprendente, guardati con benevolenza e simpatia, meritevoli di offrire ristoro alla sua sete. Come la donna samaritana si sorprende della parola che Gesù le rivolge, dell’attesa che Gesù manifesta nei suoi riguardi, della rivelazione che lei possa fare qualche cosa per Gesù, ciascuno può identificarsi con questa donna dalla vita inquieta e dalla vicenda personale complicata. La missione che inizia può essere l’esperienza di essere interlocutori di Gesù che chiede un po’ d’acqua a coloro che alzano lo sguardo. La vita è una vocazione, risposta a un invito, esercizio di stima di sé provocato dalla richiesta del viandante misterioso che si siede presso il nostro pozzo a mezzogiorno